Cominciamo dalla scuola!
La scuola non può fare politica, ma la politica deve fare scuola. In un tempo di rinnovato attivismo politico, mosso più che mai dall’interesse privato, la gestione della polis ha dimenticato le sue ragioni fondanti: la costruzione del civis prima che dell’Urbs. «I Romani prima, e poi Roma», avrebbe detto Cicerone, e il più recente Michael Waltzer sosteneva che «[…] La critica sociale e politica è tanto più efficace quanto più si collega alle tradizioni culturali di un popolo». La storia, la filologia, la filosofia e la religione rappresentano i principi identitari di una comunità.
La scuola non può fare politica, ma la politica deve fare scuola. In un tempo di rinnovato attivismo politico, mosso più che mai dall’interesse privato, la gestione della polis ha dimenticato le sue ragioni fondanti: la costruzione del civis prima che dell’Urbs. «I Romani prima, e poi Roma», avrebbe detto Cicerone, e il più recente Michael Waltzer sosteneva che «[…] La critica sociale e politica è tanto più efficace quanto più si collega alle tradizioni culturali di un popolo». La storia, la filologia, la filosofia e la religione rappresentano i principi identitari di una comunità.
Sono in molti a voler “scendere in campo” per interesse o disinteresse delle parti avverse perché se è vero che vi è sempre un principio dell’io soggetto che prevale sulla comunità è vero anche che, come disse Roberto Gervaso, «Politica per molti è esclusivamente impedire agli avversari di fare la loro».
Cosa intendiamo allora per fare politica? Tutelare i cittadini, la res publica, evolvere insieme conservando la propria cultura e svilupparne di nuova attraverso la scintilla vitale delle nuove generazioni. Parrebbe che l’Italia e il mondo tutto stia andando in un senso completamente opposto, spinti come siamo dal vortice utilitarista del liberismo. «Se chi dirige le istituzioni pubbliche e le università non ha il senso del dovere – scrive Maurizio Viroli – il diritto di essere valutati in base ai propri meriti degenera nella pratica umiliante di implorare favori; senza amministratori e cittadini che sentano sul serio il dovere di conservare e abbellire le città e l’ambiente naturale […] essa lascia il posto a una vita vissuta in ambienti degradati e degradanti».
Scrive ancora Machiavelli, rispondendo alla domanda sul come poter suscitare virtù e interesse nell’attivismo politico: «Gli è offizio di uomo buono, quel bene che la malignità dei tempi e della fortuna tu non hai potuto operare, insegnarlo ad altri… Acciocché gli animi de’ giovani possano fuggire questi tempi e prepararsi a imitare quegli (i tempi antichi, ndr.)».
Prima il cittadino quindi, poi la città e le sue infrastrutture poiché tanti sono gli esempi in cui luoghi pubblici, progettati e realizzati con imperizia, siano stati vandalizzati, prima ancora di essere completati, da chi non sente doveri verso la cosa di tutti. “A me non interessa la politica” è in cima alla hit-parade delle frasi fatte ma, come dice giustamente Jules Renard «Non interessarsi alla politica vuol dire non interessarsi alla vita», anche alla propria, proprio perché è la politica stessa che ne regola il suo svolgersi.
Benché il possesso dei diritti di ogni cittadino della Repubblica Italiana possa bastare ad essere considerato tale in senso giuridico, il vero cittadino è quello che ha piena consapevolezza dei propri doveri civili. E per sviluppare questi, le scuole hanno l’educazione civica, gli adulti hanno Platone, Aristotele e Cicerone.
Noi ci poniamo come obiettivo primario la crescita della nostra Comunità, sotto l’egida della cultura e della condivisione d’intenti. È un principio di follia perché va controvento, ma godiamoci il viaggio, lungo o corto che sia. Sarà bello tentare.
Alessio Sperati
Rinascita di Fonte Nuova